Esperienze

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Alla fine mi sono immolato e l’ho fatto: ho assaggiato UN VINO TRUCIOLATO! L’ho fatto all’incontro dell’ONAV di Imperia di cui avevo parlato qui e intitolato:

“Il mondo del vino si trasforma” – Tecnologie innovative in vinificazione. Degustazione guidata di vini elaborati con macerazione prefermentativa a freddo e utilizzo dei “chips”. Enologo Mario Redoglia.

Il bravo Redoglia ha parlato in verità a lungo dell’Arneis e della Barbera millesimo 2006 della azienda agricola Pescaja prodotti con macerazione a freddo ed uso di CO2 gassosa per allontanare l’ossigeno e ridurre ai minimi termini l’impiego di SO2 (parliamo di 60 mg/l di SO2 totale per l’Arneis, con l’obbiettivo di ridurla a 50 mg/l il prossimo anno), e dai profumi molto piacevoli anche se forse da una parte atipici per la tipologia dei vitigni, e dall’altra un po’ omologati in quanto simili (soprattutto l’Arneis) a tanti vini prodotti con tecniche simili).


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Infine sono comparse le due bottiglie sataniche! Si trattava di due Syrah siciliani millesimo 2006. Anzi si trattava dello stesso Syrah, prima e dopo la “cura” a base di 2-3 grammi/litro (un cucchiaino) di trucioli di rovere! Le bottiglie sono state mantenute anonime. Si trattava in verità di due prodotti commissionati per la grande distribuzione a qualcuno dei millanta produttori di vino siciliani, probabilmente altrimenti destinato alla distillazione o alla migrazione verso nord dentro qualche autocisterna. Quindi parliamo di prodotti di fascia bassa.

Syrah NON truciolato
Veramente mediocre. Sentori martellatosi e pesantemente vegetali (verdure cotte?) al naso, soave come un mattone in bocca. Comunque si tratta di un vino di impatto, non robetta annacquata come si potrebbe erroneamente pensare, ma un vino che può senza dubbio colpire il palato meno attento.

Syrah truciolato
Chiarisco subito un concetto: il vino al naso odorava di legno, ma alla stessa stregua di tanti vini barricati (o forse erano truciolati ma non lo sapevo) che sanno di legno come e più di questo. I sentori cotti e vegetali si sono invece ingentiliti con qualche nuances di frutti di bosco tipo mora. Insomma, cattivo era e cattivo è rimasto.
Come preventivamente detto dall’enologo, la differenza più marcata è stata in bocca, dove alla pesantezza del vino si è aggiunta una astringenza fortemente amara, che a detta di Redoglia, non è destinata a smorzarsi con l’invecchiamento come invece accade con i vini passati in botte.

Se quello proposto è un prototipo significativo, penso che questo modello di vino non avrà vita facile in Italia, proprio a causa di una pesantezza di fondo che lo rende ben poco godibile. Si tratta comunque di una dimostrazione tangibile dell’opportunità di iniziative come Chipsfree, affinché chi con quella roba li non vuole averci niente a che fare, possa almeno comunicarlo chiaramente.

Luk

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About Luca Risso

Luca non è un esperto di vino nel senso comune del termine, anzi non è affatto un esperto ma piuttosto un entusiasta del vino, un curioso di tutto ciò che è collegato con la cultura del vino del paese (Italia) e della regione (Liguria) in cui vive. La sua formazione personale lo rende particolarmente interessato agli aspetti teorici e tecnici della viticoltura e della vinificazione, al punto di piantatura una propria vigna microscopica e di produrre alcune bottiglie del Merlot. La sua esperienza è documentata nella rubrica "Vino in garage" del portale enogastronomico www.tigulliovino.it .

8 thoughts on “Esperienze

  1. Fiorenzo

    C’e’ un Syrah siciliano che funge da riferimento in materia, per me; e’ il Sole dei Padri di Spadafora, che pero’ costa una cosa (credo) sui 25-30 euri piu’ iva; quindi immaginati quanto costa al finale.. Se ti ricordi di fare un test a Vinitaly, poi semmai mi dici quanto puo’ differire. Ovviamente mi auguro che la differenza col chippato sia sostanziosa 🙂

  2. Giampiero alias Aristide

    Molto interessante questo tuo report sulla degustazione “chippata”.
    A grandi linee corrisponde alle medesime sensazioni provate in una degustazione off-records alla quale mi sono anch’io sottoposto in gennaio, ospite degli enologi del Veneto.
    E qui sarebbe opportuno ripensare a come rilanciare l’iniziativa Chipsfree.
    Io, al prossimo Vinitaly, conto di riproporla ad alcuni produttori, soprattutto alle due manifestazioni “alternative” di Vini Veri e VinNatur.

  3. Luca Risso

    @Fiorenzo
    Non mancherò di cercare la bottiglia suggerita, ma penso “non ci sia storia”!

    @Giampiero
    Attento ai produttori naturali! Sono tipi suscettibili! Hai provato con Vinix?

    Luk

  4. Lizzy

    Anch’io ero presente alla degustazione – riservata agli enologi…eravamo due infiltrati! – di cui parla Aristide. E bisogna dire che tutto dipende dal quantitativo di trucioli che metti nel vino: se sono troppi, sembra di bere qualcosa in cui sia stata spenta una sigaretta. Assolutamente abominevole.
    Se invece l’enologo ha tenuto la mano leggera, beh, è difficile dire non solo se il vino è stato “chippato”, ma anche semplicemente passato in barrique.
    Per vostra info, se non amate il genere, vi dirò di star lontani dagli chardonnay sudafricani.
    Da quelle parti non concepiscono uno chardonnay che non sia barricato e/o cippato. Perciò li fanno tutti, ma proprio tutti-tutti-tutti così.
    E sembra che, a dispetto di quel che si sente in giro, il gusto del legno sia ancora di moda, in Gran Bretagna e nei paesi nordico-europei.
    Come la mettiamo?? Quasi quasi mi metto a vendere chips…
    😛

    Lizzy

  5. Luca Risso

    Cara Lizzy, con le materie prime si guadagna poco. Il vero business, da quello che ho capito (quasi quasi vendo l’idea), mi sa sia quello del chippatore professionista.
    Mi spiego. Compro per 4 soldi una cisterna di chardonnay in sicilia. L’importante è che sia bello carico di alcol. La porto a Verona e lo concio con i trucioli e magari qualche altra sostanza lecita. Magari metto già i trucioli nell’autobotte così guadagno tempo. Dopo la cura lo faccio imbottigliare per altri 4 soldi, e con 8 soldi ho una bottiglia che qualche pirata sarà in grado di vendere a 10 euro. Un prezzo altissimo per la qualità intrinseca, ma non così esagerato da far gridare allo scandalo. I mercati, lo hai deto tu, ci sono, eccome!

    Luk

  6. Beppe Pescaja

    Buongiorno da Beppe Pescaja,
    Faccio usa di questo indirizzo mail e non del blog in quanto non sono stato capace di registrarmi, spero mi scuserete in quanto per la mia condizione di contadino sono più avvezzo a leve di cingoli ed a scacchiare germogli che ad usare mouse.
    In merito all’articolo su cui avete scambiato opinioni avrei alcune precisazioni in merito.
    In primo luogo compare da google: “mi sono immolato, ho assaggiato un vino cippato: barbera azienda Pescaja”. Poi si fa riferimento ad uno shiraz della Sicilia.
    Pescaja nella persona del sottoscritto non ha mai usato truccioli in quanto amante di vini fruttati in cui vengono rese importanti le note proprie dell’uva. Non ho mai prodotto shiraz tantomeno in Sicilia. Pescaja è una piccola realtà piemontese di 15 ha che coltiva solo uva autoctona: tra l’altro è uno dei promotori della doc Arneis delle Terre Alfieri. Penso che si sia fatta un po’ di confusione. Per me questo è molto grave. Genera confusione e arreca una immagine di cui la mia azienda che ha da sempre veicolato frutto e territorio un po’ distorta. Spero possiate mettere ordine.
    Così è la barbera Soliter chips free ma anche cabernet free. Oltre al truciolame sciatto c’è anche il rischio dell’inquinamento da vitigni internazionali.
    Non sono prevenuto né tantomeno bigotto: ma è una questione di regole. Se faccio barbera questa è al 100%, sennò è monferrato o langhe rosso.
    Se uso barrique questa è vera, non segatura abbrustolita. Non c’è confronto. E’ IMPENSABILE! Un vino è repellente se fatto con la polvere, non ha fascino, non ha storia non è vino. Pescaja può permettersi al max 20 barrique all’anno. Bene il Soliter a cui magari un po’ di barrique ne migliorerebbe la complessità fa solo acciaio. Però è un vino vero.
    Attenzione rifiuto l’etichetta che i miei prodotti siano un po’ omologati, l’uso di andidride carbonica è utile solo ed esclusivamente per evitare il metabisolfito di Potassio. Ossia ho investito 100.000,00 Euro per evitare di spendere in bisolfito al massimo 200,00 euro all’anno per tutta la mia produzione. Il risultato è in termini di salute. Non soltanto di percezione gusto olfattiva, a cui mi sottopongo umilmente al vostro giudizio e di cui non mi frega un c….! Basta con i sapientino che giudicano un vino come bere coca cola e sputano sentenze senza conoscere nulla del contesto, del territorio, della filosofia di vita, della filosofia di lavoro, dell’etica del lavoro. Dare un giudizio implica una approfondita analisi. Basta fare i critici enogastronomici, basta con i Raspelli da quattro soldi, basta con gli infiltrati, fatevi vedere alla luce del sole. Venite un po’ a lavorare in vigna magari alle 2 del pomeriggio di luglio, poi vediamo come cambiano i giudizi.
    Questo caro articolista non è omologare, questo è pensare alla tua salute. Ma questo ad oggi non è di moda. Questo è ancora da omologare. E’ molto più facile essere omologati nella discussione, come fa il Signor Luca Risso ( chiedo venia se sbaglio il nome) che ha bollato i miei prodotti come sono fatti tanti altri liquidandoli velocemente per potere dire anche la sua come ormai milioni di altri sui chips. RAGAZZI SIETE INDIETRO! Avete bevuto chips per anni e vi accorgete adesso che le grandi aziende vogliano renderlo a norma di legge. Allora si scatena la bufera, basta una legge per creare bufera, se non vi era questo neanche si parlava. Mi meraviglio che prima mai nessuno parlasse di vini al gusto di legno.Tutto questo è ridicolo. Ma i vini del Sud Africa sono vini? Non fatemi ridere se pensate che non lo siano perché fatti con la polvere. Pensate che magari la vigna è coltivata da un poveretto che di vigna non ne aveva mai viste e che lo fa per quei pochi dollari che servono per sfamare la sua famiglia. Questa è la vera VERGOGNA!
    Questo è quanto, pubblicatelo o meno, ma fate chiarezza, perché il concetto non è che “pur se ne parli”,. La dozzinalità, il qualunquismo, il menefreghismo, l’egocentrismo, la superficialità, l’ingordigia, la scorrettezza sono i mali gravi della nostra civiltà. I chips poi sono sono un surrogato di quanto sopra.

    Vi saluto.
    Beppe Pescaja

  7. Luca Risso

    Gentile (mica tanto..) Sig. Pescaja,

    Voglio chiarire due sole cose:

    1-Nel mio post non ho mai affermato che il produttore di vino truciolato fosse lei. L’accostamento è stato solo temporale, nel senso che la degustazione dello Syrah e dei suoi Arneis e Barbera avennero nella stessa serata di cui ho fatto una semplice cronaca. La prego quindi di non affermare più cose che non ho scritto!

    2-Riporto per intero la frase che forse l’ha fatta tanto arrabbiare:

    ” Il bravo Redoglia ha parlato in verità a lungo dell’Arneis e della Barbera millesimo 2006 della azienda agricola Pescaja prodotti con macerazione a freddo ed uso di CO2 gassosa per allontanare l’ossigeno e ridurre ai minimi termini l’impiego di SO2 (parliamo di 60 mg/l di SO2 totale per l’Arneis, con l’obbiettivo di ridurla a 50 mg/l il prossimo anno), e dai profumi molto piacevoli anche se forse da una parte atipici per la tipologia dei vitigni, e dall’altra un po’ omologati in quanto simili (soprattutto l’Arneis) a tanti vini prodotti con tecniche simili).”

    Mi sembra di aver ampiamente riconosciuto la qualità dei suoi prodotti, e il suo encomiabilissimo sforzo nel ridurre il quantitativo di SO2. Pensi che a tale scopo sono addirittura un sostenitore della chiusura a vite anche per i vini di qualità!
    Nonostante ciò il giudizio peraltro sfumato di “atipicità” e “omologazione” rimane una mia, magari sbagliata, opinione che la invito cortesemente a rispettare.

    Cordialmente

    Luca Risso

  8. Filippo Ronco

    Caro Sig. Pescaja, si fidi, tra i tanti ciarlatani che ci sono in giro, non solo ha preso quello sbagliato – che cioè non lo è – ma è forse anche uno dei pochi che in vigna ci cammina spesso e volentieri.

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