Invecchiare

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C’è un cambiamento climatico in atto, una tendenza all’aumento della temperatura media. Tutti lo sostengono oramai, con dosi più o meno elevate di allarmismo. Non si sa ancora esattamente se il fenomeno abbia origine antropica (effetto serra) o dipenda da altri fenomeni geolocici ciclici. Questa cosa devo dire che mi turba; forse sarà che soffro il caldo!
Dal punto di vista enologico sono ancora più turbato. Se un milesimo come il 2003 diventasse la normalità e non l’eccezione, cosa occorerrebbe fare per evitare di ripetere i disastrosi risultati espressi dai più blasonati vini italiani? Che tipo di gestione della vigna occorrerà mettere in pratica? A queste domande sta pensando un sacco di gente. Nuovi indici pedologici aiuteranno a selezionare nuovi terroir (di questo parleremo più avanti); pratiche come la sfogliatura intorno ai grappoli andranno in pensione; le esposizioni dei filari andranno ripensate; anche i vitigni subiranno la loro bella rivoluzione, ed inevitabilmente tutto ciò avrà un riflesso sui disciplinari di produzione.
E in cantina cosa occorrerà fare per preservare aromi e fragranze? Esattamente su questo tema ho letto alcuni scritti del Prof. Mario Fregoni pubblicati da VQ, da cui mi sono permesso di estrarre alcune frasi, che riporto letteralmente.


“L’Italia è attratta dal mito del legno, che fra l’altro rappresenta una moda cangiante, già passata dalla botte grande alla barrique e infine ai chips. Per elaborare un grande vino, l’uso della barrique deve essere limitato e quello che più conta è l’affinamento in bottiglia, dove si formano gli aromi terziari, ossia le unioni chimiche e la liberazione per idrolisi delle molecole aromatiche dei terpenoglucosidi e deiprecursori nor-isoprenoidi. L’insieme determina il bouquet del vino.

Nelle regioni caldo-aride le uve raggiungono sulla pianta maturazioni avanzate e contengono già polifenoli polimerizzati, a significare che non sono necessari i tannini stabilizzanti del legno. Le ossidazioni enzimatiche, inoltre, in queste condizioni climatiche sono molto più intense e veloci e la capacità di invecchiamento è notoriamente collegata con la resistenza del vino all’ossidazione, dovuta tra l’altro al contenuto di polifenoli ossidabili, resveratrolo e flavonoidi.

L’Italia ha tradizioni cultuali limitate nell’invecchiamento in bottiglia,

L’innalzamento delle temperature porta a ottenere vini più strutturati, ricchi estratto, poco durevoli nell’invecchiamento, meno fini e con breve percezione sensoriale aromatica.

Occorre diffondere la cultura dell’invecchiamento in bottiglia, smitizzando quella dell’invecchiamento in legno, soprattutto al sud. Prolungare l’invecchiamento in legno, specie nelle barrique, significa ridurre la durata in bottiglia.”

Questi concetti mi sembrano una critica ben documentata da dati oggettivi sia all’uso della botte piccola, ma anche a quella grande, quando il periodo di permanenza in legno diventa eccessivo, come potrebbe essere il caso di certi baroli o brunelli.
Se (e ripeto se) l’affinamento in bottiglia fosse la soluzione, allora si aprirebbe una pagina bianca nell’enologia del futuro. Infatti stiamo parlando di affinamento, non del semplice imbottigliamento pre commercializzazione. Dimensione dei contenitori, chiusure, temperature, insomma tutto sarebbe da scrivere quasi ex novo. Sarò un depravato, ma a me sembra molto eccitante!

Luk

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About Luca Risso

Luca non è un esperto di vino nel senso comune del termine, anzi non è affatto un esperto ma piuttosto un entusiasta del vino, un curioso di tutto ciò che è collegato con la cultura del vino del paese (Italia) e della regione (Liguria) in cui vive. La sua formazione personale lo rende particolarmente interessato agli aspetti teorici e tecnici della viticoltura e della vinificazione, al punto di piantatura una propria vigna microscopica e di produrre alcune bottiglie del Merlot. La sua esperienza è documentata nella rubrica "Vino in garage" del portale enogastronomico www.tigulliovino.it .

2 thoughts on “Invecchiare

  1. Mirco Mariotti

    Ciao Luk, come va?
    Affinamento in bottiglia sì, purchè i locali dove sono stoccate siano climatizzati, altrimenti l’inerzia termica della bottiglia è infinitamente più piccola della botte… non a caso il vero recupero che si sta facendo in cantina è sulla botte di cemento vetrificata: minore inerzia termica, vibrazioni quasi azzerate, cariche di superficie particolarmente adatte alla chiarificazione spontanea. Problemi: difficoltà nella pulizia, nierzia chimica, anche se in tal senso sembra appurato che i rilasci siano praticamente nulli, non so se tu hai maggiori dettagli in proposito… Insomma io direi ritorno al passato e imbottigliamenti precoci, almeno noi con il Fortana, che è risaputo non è miss mondo ma è un vitigno indicativo in tal senso, ci stiamo indirizzando su questa via…
    Ciao!

    Mirco

  2. Luca Risso

    Ciao Mirco,
    Certo, la climatizzazione è necessaria.
    In effetti si potrebbe ipotizzare una specie di metodo champenois senza bolle…pazzia?
    Luk

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