Rosé in pericolo? Ma dai!

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Nelle ultime settimane abbiamo assistito “ad nauseam” alla reazione di molti produttori di vino a una proposta di regolamento Europeo, che si è diffusa in versione completamente distorta nella stampa tradizionale.


Tutto è cominciato da un comunicato stampa molto accurato, ma recentemente aggiornato a seguito della clamore generato dall’originale. Insomma, ci fu una reazione epidermica contro una riforma non ancora approvata e che riguarda solo i vini da tavola (senza indicazione di origine o geografica), che permetterebbe la produzione in Europa di vino da tavola rosato dalla miscelazione di vini da tavola bianco e rosso. Questa pratica è attualmente vietata dal regolamento 1493-1999 articolo 42 , paragrafo 6, di cui ho riproduco il linguaggio un po’ Bruxellese: “Il taglio di un vino atto a diventare vino da tavola bianco o di un vino da tavola bianco con un vino atto a diventare vino da tavola rosso o con un vino da tavola rosso non può produrre vino da tavola”. Ma l’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna et del Vino) consente il taglio, per cui i produttori di vini da tavola extra-europei non hanno restrizioni e producono rosati miscelando bianco e rosso. La riforma è intesa quindi a mettere i produttori europei nella stessa posizione dei loro concorrenti, il che sembra perfettamente ragionevole, anche se uno può ben chiedersi se da Europei vogliamo (o possiamo) competere in questo mercato di vini esenti da terroir o di vini a basso prezzo.
E per i vini con indicazione geografica, per le nostre DOC dunque? Ebbene, la normativa europea non ha mai vietato il taglio per i vini rosati con indicazione geografica, e quindi per le DOC questa normativa non cambia nulla! Sono le DOC che, per la maggioranza, applicano regole più severe di quelle europee, vietando il rosato da taglio, ma ci sono ovviamente eccezioni anche decisamente importanti. Nella zona della Champagne, dove fanno vino più di 15000 piccoli produttori, alcuni dei rosati più eleganti e prestigiosi sono fatti col taglio di chardonnay e pinot nero. Tanto per citare un grande vino, lo Champagne Tarlant Prestige Rosé Vintage 1998 viene definito dal produttore “rosato da taglio di vino bianco e vino rosso”.
Visto che per i vini DOC o AOC la riforma non cambia assolutamente nulla, ci chiediamo se tutto questo fracasso fosse necessario. I rappresentanti dei produttori di Provenza lo hanno detto: con il taglio si possono fare solo vini cattivi; ma allora perché tanto chiasso per dei vini da tavola di serie B? Forse il timore che questi produttori di vini da tavola possano fare qualcosa di buono spendendo meno? Beh, non sarebbe poi difficile, visto il livello di qualità media dei rosati della Provenza, regione che non ha mai raggiunto l’immagine di qualità dei vini del Rodano o della Linguadoca. La produzione in Provenza è fortemente concentrata (>75%) su rosati di qualità mediocre, spesso arricchiti con acido tartarico per dare un po ‘di freschezza ad una materia prima priva di spina dorsale, e magari con l’aggiunta furtiva di un bel po’ di clairette o trebbiano locale; insomma, il vino-Cola che va giù bene col caldo di agosto e col frinire delle cicale, ma guai portarselo a casa dopo le vacanze, perchè la delusione è inevitabile. Il mercato è stracolmo di vinelli AOC Côtes de Provence a basso prezzo, alcuni addirittura al di sotto dei 3€. Prendiamo due vini scadenti, uno fatto col taglio e l’altro con il metodo tradizionale: il metodo non mi pare abbia una grande importanza… Anzi, proprio miscelando bianchi e rossi non sarebbe difficile fare un vino rosato da tavola forse migliore di tanti rosati tradizionali!
Allora, perché i produttori di Vini della Provenza hanno fatto un tale rumore, fino a pubblicare sul proprio sito una petizione anti-taglio? La petizione inizia con un preambolo che ribadisce la versione distorta del contenuto della riforma: “La Commissione europea sta per abolire il divieto di taglio di vini rossi e bianchi per produrre un vino di colore rosa”, omettendo di chiarire che la riforma non concerner per niente i vini di Provenza, e proponendo ai consumatori una petizione: “Mi impegno a sostenere il rosato la cui qualità è il risultato di una vinificazione e sono contrario al rosato come miscela di vini”. Facendo quindi credere che un vino da taglio non può essere buono, o che il vino di Provenza sia in qualche modo messo in pericolo. Onestamente, quanti consumatori sapevano, prima di questa querelle, che il rosato di solito non viene fatto mischiando bianco e rosso, e in seguito agli eventi, quanti sanno ora che lo Champagne rosé in gran parte viene fatto proprio col taglio?
La minaccia per il vino della Provenza non viene dalle normative europee, ma dalla sua incompetente amministrazione, incapace di informarsi e leggere i testi proposti, capace solo di alimentare polemiche inutili basate unicamente sulle semplificazioni giornalistiche di alcune testate locali! Questi farebbero bene invece a chiedersi perchè così tanti vini di qualità mediocre ottengono l’ambito marchio AOC; le petizioni servono solo a distrarre il consumatore dalla dura realtà.
Comico anche l’atteggiamento del Ministro dell’Agricoltura francese, che dopo aver approvato la proposta di riforma firmandola il 27 gennaio (sì, sono i nostri ministri che firmano i regolamenti del consiglio europeo, non i fantomatici commissari di cui parla la stampa…), pochi giorni dopo ha lanciato invettive contro la proposte di regolamento di “Bruxelles”!
Per quanto riguarda l’Italia, rimarchevole è il fatto che mentre adesso in nome della tipicità di un vino da tavola si levano alte le proteste e gli allarmi dei mentori della tradizione, pochissimi – e non con questa risonanza – alzarono la voce quando si impedì di usare le uve bianche per produrre un vino rosso famoso come il Chianti, né tantomeno quando in questa e tutte le altre denominazioni di origine italiane ad esclusione di Barolo e Brunello (e anche lì sappiamo come è andata a finire..) si autorizzò allegramente l’uso indiscriminato e pesante dei vitigni internazionali “migliorativi”, e non due o tre – i soliti merlot-cabernet-chardonnay – ma decine di cultivar di importanza secondaria a volte nei loro stessi paesi di provenienza, tanto che oggi alcuni chianti possono ricordare tranquillamente un vino del Rodano, o di Bordeaux, in ugual misura, anzi in ugual mistura.
Se poi si va nello specifico delle territorialità minacciate dal provvedimento, si vede che in Italia una reale tradizione di vini rosati è presente solo nell’areale gardesano sia bresciano che veronese, in Alto Adige, in Abruzzo e soprattutto in Puglia. Mi sembra un insieme sufficientemente circoscritto da poter creare delle isole di eccellenza, se i produttori vorranno mantenere il disciplinare attuale, o se anzi lo renderanno più restrittivo, almeno per quanto riguarda le rese ammesse, che attualmente viaggiano tra i 120 e i 160 quintali/ettaro. Ma anche qui gli alfieri della qualità hanno poco da dire.
Ci sarebbe un rischio effettivo, derivante dalla nuova OCM che consentirà anche ai vini da tavola di riportare vitigno e annata, ovvero di creare prodotti “ammiccanti”, con un packaging ingannatore ove non si capisca bene di primo acchito se si tratti effettivamente di un vino da tavola o a denominazione di origine. Ma in questo caso dovendo il vitigno prevalente di un ipotetico miscuglio per forza di cose essere bianco, difficilmente si potrà trovare la dicitura “Chardonnay” o “Garganega” sopra una bottiglia di rosato, anche se da tavola. Per non parlare dell’annata, che in questi vini di scarsa conservabilità non sarà certo menzionata per non farli giacere sullo scaffale invenduti dopo solo pochi mesi.
Affinché non ci si accusi di essere nemici del vino rosé, possiamo dire che amiamo il rosato Bandol AOC (Domaine de Terrebrune, Domaine de la Tour du Bon, Domaine Tempier ), il Domaine de la Mordorée a Tavel (denominazione prestigiosa di rosati il cui disciplinare autorizza l’uso di vitigni bianchi), lo spumante rosato di Dupéré-Barrera e qualche altro Provenzale non da taglio, senza dimenticare lo Champagne Rosé Boulard fatto con la tradizionale saignée, ma anche l’ottimo Champagne Aubry Premier Cru a Jouy-lès-Reims Brut Rosé fatto proprio col taglio, o lo Champagne Brut Rosé Franck Pascal. Tra gli Italiani il Cerasulo di Valentini o Il Rogito delle Cantine del Notaio valgono certo l’acquisto. Questi signori non alimentano le polemiche sterili del rosato da taglio o tradizionale, la loro qualità parla da sola, e la riforma non avrà alcun effetto negativo sul loro successo commerciale
NOTE
Eco alcuni siti che hanno parlato dell’argomento:
Tigulliovino
Vinix – 1
Vinix – 2
Soavemente
PoggioArgentiera
PaperoGiallo
Mike Tommasi
Luk

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About Luca Risso

Luca non è un esperto di vino nel senso comune del termine, anzi non è affatto un esperto ma piuttosto un entusiasta del vino, un curioso di tutto ciò che è collegato con la cultura del vino del paese (Italia) e della regione (Liguria) in cui vive. La sua formazione personale lo rende particolarmente interessato agli aspetti teorici e tecnici della viticoltura e della vinificazione, al punto di piantatura una propria vigna microscopica e di produrre alcune bottiglie del Merlot. La sua esperienza è documentata nella rubrica "Vino in garage" del portale enogastronomico www.tigulliovino.it .

5 thoughts on “Rosé in pericolo? Ma dai!

  1. M.Grazia

    Ho pubblicato il link a questo vostro scritto, ritenendo giusto far sapere che c’è anche chi la pensa diversamente dalle migliaia di persone che hanno firmato le petizioni in difesa dei rosé “tradizionali”. E’ doveroso sentire tutte le campane, quando si vuol dare una corretta informazione. Ho comunque seri dubbi che sia opportuno aprire ai vini da tavola la possibilità del Coupage. Tempo proprio l’inandazione di prodotti malfatti e a bassissimo costo. Vini cola, appunto e soprattutto vini che nulla hanno a che fare con la territorialità e la storia dei rosati tradizionali più significativi. Vorrei sbagliarmi… ma intanto, continuo a essere solidale con il Consorzio del Bardolino e ritengo importante il comunicato del Ministro Zaia, diffuso ieri e che ho messo in coda al mio post. Con amicizia. Ci si vede a Genova?
    Maria Grazia

  2. Luca Risso

    Ciao Maria Grazia,
    Certo che ci si vede.
    Ma davvero pensi che il Castellino rosé, o il Solegro, o il Poggese (vini da tavola Caviro) possano insidiare il Bardolino Chiaretto?
    Luk

  3. luca ferraro

    Io credo che soppravviveranno solo i prodotti di qualità, o meglio , i prodotti con un ottimo rapporto qualità prezzo.
    Non abbiate paura dei rosè spazzatura, staranno sul mercato per qualche anno e poi spariranno senza lasciare nessun ricordo. Il novello insegna
    Luca

  4. Guida Vino

    Io rimango dell’idea che il miglior vino è quello rosso. Intenso, corposo e deciso… non aggiungo altro! 🙂

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